E’ da quattordici giorni che i docenti di più di sessanta università inglesi sono in sciopero per pensioni sicure e decenti. Lo sciopero è stato votato ed organizzato dalla stragrande maggioranza degli aderenti all’UCU, ovvero il sindacato inglese dei lavoratori delle università e dei colleges con più iscritti nel settore. I livelli di partecipazione sembrano eccezionali, ed azioni dimostrative e picchetti hanno contribuito ad informare sulle ragioni dello sciopero. In particolare, l’UCU sciopera contro la proposta avanzata da Universities UK (UUK), l’organizzazione che rappresenta le università inglesi, in quanto ambisce a rendere le pensioni dipendenti dall’andamento del mercato azionistico, e non dai contributi versati. La proposta prevede anche una riduzione della pensione del 20-40% in base al livello e alla durata dell’impiego. Una prima bozza di accordo è stata respinta e c’è la possibilità che siano messi in atto altri quattordici giorni di sciopero durante il periodo degli esami, ritardi e boicottaggi del conferimento delle lauree. A questo va aggiunto, però, che l’UCU aveva già accettato livelli salariali più bassi rispetto a professionisti ugualmente qualificati, proprio in vista di una pensione decente. Più in generale, in Inghilterra, un quarto dei professori è impiegato con contratti part-time, temporanei e occasionali. Pertanto, la diffusione di grandi schermi, palestre e servizi per studenti, intesi come consumatori, non sembrano bastare più a nascondere questi processi di precarizzazione, ed è auspicabile che l’attuale sciopero diventi catalizzatore delle lotte di tutti i lavoratori delle università, i più precari e studenti inclusi.